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0lupetto0
00venerdì 13 giugno 2008 08:49
Inseriamo i link con notizie utili novità anche piccole sulla FSHD


alzalosguardo.blogspot.com/2007/10/staminali-altri-due-successi-itali...













0lupetto0
00domenica 15 giugno 2008 09:32
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00lunedì 10 gennaio 2011 10:50
171° workshop internazionale ENMC: standard di cura e trattamento della distrofia fshd
171° workshop internazionale ENMC: standard di cura e trattamento della distrofia
muscolare facio-scapolo-omerale

Introduzione
Dal 15 al 17 gennaio a Narden (Olanda) si è tenuto un incontro tra 24 esperti provenienti da 8 Paesi
per discutere gli standard di cura e trattamento dei pazienti con FSHD. Le raccomandazioni che ne
sono derivate sono state formulate sulla base di prove scientifiche, quando fossero disponibili, e delle
opinioni degli esperti. Durante il workshop sono state anche identificate le aree in cui sono necessari
nuovi sforzi di ricerca.

Diagnosi
2.1 Diagnosi clinica
La distrofia muscolare facio-scapolo-omerale è una malattia a trasmissione autosomico dominante
con un’elevata frequenza di mutazioni (de novo). Tale forma di distrofia può essere sospettata in
pazienti che presentano interessamento selettivo della muscolatura faciale e del cingolo scapolare in
assenza, di regola, di coinvolgimento dei muscoli masticatori, linguali ed extraoculari. A supportare
maggiormente la diagnosi vi è l’interessamento principalmente asimmetrico della muscolatura faciale
e scapolare così come la debolezza della muscolatura addominale. Nell’infanzia e in giovane età si
possono associare vasculopatia retinica e perdita d’udito. Una volta posto il sospetto, la diagnosi di
FSHD può essere confermata con un test genetico altamente sensibile e specifico. E’ importante
ricordare come la tipica presentazione di questa patologia, l’associazione di debolezza scapolare e
faciale, può essere presente anche in altre malattie muscolari.

2.2 Diagnosi genetica
La maggior parte dei pazienti con FSHD (>95%) ha una delezione parziale di una sequenza costituita
da una serie di ripetute D4Z4 su uno dei cromosomi 4. In tale sequenza nella popolazione generale è
presente un numero di ripetizioni compreso tra undici e cento. I pazienti con FSHD sono invece
portatori di un numero di unità ripetute D4Z4 compreso tra uno e dieci. Per causare la malattia questa
contrazione delle ripetizioni deve trovarsi su un cromosoma 4qa mentre una simile contrazione della
ripetizione sul cromosoma 10 o sul cromosoma 4qb non causa l’FSHD.
La conferma genetica viene condotta di routine sul DNA estratto dai linfociti ematici attraverso
tecniche di Southern blotting e ibridizazione per stabilire il numero delle ripetizioni su 4q35 e spesso
per determinare anche il tipo di allele 4q (A/B). In individui non affetti questa metodica evidenzierà
due alleli 4q35 di dimensioni >40kb in seguito alla digestione del DNA tramite l’enzima EcoRI. In
individui con FSHD uno dei due alleli 4q35 sarà compreso tra 10 e 38kb. L’intervallo tra 40 e 50 kb è
generalmente considerato non conclusivo. Quando il test viene eseguito su pazienti che soddisfano i
criteri clinici dell’ FSHD, il test genetico utilizzato nella maggior parte dei laboratori è altamente
sensibile e specifico. In caso si sospetti un falso positivo molti laboratori procederanno, su richiesta, ad
eseguire un test aggiuntivo per determinare il tipo di cromosoma 4q(A/B). Siccome questa metodica
descritta è lunga e laboriosa sono state sviluppate delle nuove tecniche per facilitare la diagnosi
genetica di FSHD come la long range PCR. Una delle tecniche più recenti è la molecular combing che
permette la visualizzazione e la determinazione della dimensione e della ripetizione D4Z4 nel suo
contesto genetico su singole fibre di DNA attraverso il microscopio a fluorescenza.
Ci sono dei potenziali “trabocchetti” nella diagnosi genetica di FSHD che possono determinare falsi
positivi e falsi negativi ma questo riguarda solo una minoranza dei pazienti (<5%). Inoltre
considerando la complessità della lesione genetica e i progressi effettuati nell’ultima decade c’è una
forte necessità di migliori linee guida per la diagnosi genetica di FSHD. Per esempio, un importante
sottogruppo di pazienti con FSHD (circa il 3%) non hanno una contrazione della ripetizione D4Z4 ma
mostrano dei cambiamenti nella struttura cromatinica della D4Z4. Attualmente non esiste alcun test
genetico validato disponibile per questo sottogruppo di pazienti.

2.2.1. Diagnosi prenatale.
Prima di poter fare la diagnosi prenatale è necessario che sia stata fatta la diagnosi genetica di FSHD
nella famiglia interessata. Poichè possono essere necessarie diverse settimane per portare a termine la
diagnosi genetica, si preferisce espletarla su DNA isolato dai villi coriali rispetto all’ amniocentesi.
Nella FSHD bisogna essere molto cauti nel prospettare la possibilità di diagnosi preimpianto, ovvero di
diagnosi genetica nell’embrione prima del suo trasferimento alla madre, in quanto la tecnica di Southern
blotting non può essere applicata alla singola cellula prima dell’impianto. Di conseguenza, la
contrazione delle ripetizioni D4Z4 può essere ricercata solo indirettamente attraverso l’utilizzo di
markers polimorfici, ma l’elevata frequenza di ricombinazione e la disponibilità di pochi markers
polimorfici specifici per la regione D4Z4 ostacola significativamente la diagnosi preimpianto.

2.2.2. Consulenza genetica
I pazienti con FSHD richiedono la consulenza genetica per ottenere informazioni circa la diagnosi, la
prognosi, il rischio per la prole e la gravidanza. Ai pazienti dovrebbe essere spiegato che la FSHD è una
patologia a trasmissione autosomico dominante con una penetranza superiore al 95% sopra i 20 anni.
Fornire delle informazioni prognostiche attendibili è più difficile, considerando l’elevata variabilità
delle manifestazioni cliniche anche a livello intrafamiliare e la mancanza di una precisa correlazione
tra genotipo e fenotipo (anche se, generalmente, ad un basso numero di ripetizioni residue,
corrispondente ad un allele di dimensioni comprese tra 10 e 19 Kb, corrisponde una forma
generalmente più grave). Per quanto riguarda la consulenza di diagnosi prenatale, bisognerebbe tener
conto delle limitazioni delle tecniche di diagnosi prenatale descritte precedentemente.

3. Gestione clinica
I pazienti con FSHD condividono diversi dei problemi presenti anche in altre miopatie ereditarie, in
aggiunta ad alcune problematiche specifiche di questa forma di distrofia muscolare. Mentre adulti con
forme lievi possono richiedere rare visite di follow-up e interventi minimi, i pazienti con forme ad
esordio infantile richiedono uno stretto monitoraggio con approccio clinico multidisciplinare.

3.1 Ruolo della terapia fisica e della riabilitazione
Si raccomanda a tutti i pazienti con limitazioni funzionali di effettuare una consulenza riabilitativa tesa
a valutare le limitazioni funzionali, la valutazione dell’equilibrio e dell’ andatura, la postura e l’
eventuale necessità di ortesi. Anche l’ affaticamento e il dolore devono essere specificamente valutati.
E’ importante valutare l’opportunità di un esercizio riabilitativo appropriato che includa stretching,
allenamento di resistenza ed esercizio aerobico. Valutazioni fisioterapiche di follow-up dipenderanno
dai bisogni dei singoli pazienti. I pazienti con lievi limitazioni funzionali potrebbero richiedere follow-
up annuali mentre pazienti con forme gravi ad esordio infantile potrebbero richiedere l’intervento di
fisioterapisti, ortopedici, ortottisti, terapisti occupazionali e logopedisti.
E’ possibile scaricare un’ opuscolo dettagliato per la FSHD, commissionato dalla Società di FSH, dal
seguente link: www.fshsociety.org/assets/pdf/Physicaltheraphyandfshd.pdf.

3.2. Ruolo dell’esercizio nella FSHD
Diversi studi hanno dimostrato che l’esercizio con pesi moderati o il movimento non sono dannosi nei
pazienti con FSHD. Più recentemente uno studio ha mostrato che l’ allenamento aerobico in pazienti
con FSHD non solo migliora il sistema cardiovascolare, ma incrementa anche la forza. Quando
l’esercizio è indicato, si raccomanda l’allenamento aerobico, da eseguire almeno 3 volte la settimana
per 30 minuti, ad un’intensità che permetta di raggiungere la frequenza cardiaca target aggiustata per
età per l’esercizio aerobico. Per i pazienti che non sono in grado di svolgere un esercizio aerobico, si
raccomanda di eseguire un programma d’esercizio di resistenza moderato.

3.3. Dolore e fatica
Il dolore è un problema comune e sottovalutato nella FSHD. Utilizzando il questionario McGill sul
dolore e un giudizio personale, il dolore era presente nel 77% dei pazienti in un gruppo di 79 soggetti
affetti da FSHD. In un sondaggio dell’AFM (Association francaise contre les miopatie) non pubblicato, il
55% dei pazienti con FSHD lamentava dolore diversi giorni a settimana. Studi più recenti hanno
evidenziato l’effetto del dolore sui pazienti con FSHD. L’eziologia del dolore è multipla e bisognerebbe
intervenire utilizzando gli approcci standard per la gestione del dolore cronico come , quando indicato,
la fisioterapia e farmaci contro il dolore.
Come in pazienti con altre forme di distrofia, la fatica è un problema riferito di frequente, e può avere
un’origine multifattoriale. Bisogna tener presente che i disturbi dell’umore, nonostante non siano più
frequenti rispetto alla popolazione normale, possono amplificare sia il dolore che la fatica e, quando
presenti, dovrebbero essere adeguatamente affrontati.

3.4. Disfunzione respiratoria
Un’ insufficienza respiratoria clinicamente rilevante si verifica in meno dell’1% dei pazienti con FSHD.
Tuttavia, i clinici devono stare attenti in quanto un’ insufficienza respiratoria compensata potrebbe
essere slatentizzata da fattori scatenanti. Si raccomanda uno screening più attento dei pazienti con
FSHD moderata/severa. Si raccomanda la determinazione della capacità vitale forzata (FVC) in tutti i
pazienti con FSHD che debbano sottoporsi a procedure chirurgiche che richiedano l’anestesia
generale. Si consiglia invece la determinazione annuale della FVC a tutti i pazienti in carrozzina, con
debolezza della muscolatura del cingolo pelvico , patologie polmonari sovrapposte o con cifoscoliosi
moderata/severa o iperlordosi lombare e deformità della parete toracica come il pectus escavatum. La
misurazione della FVC nei pazienti con FSHD dovrebbe sempre essere condotta con una maschera
facciale integrale rispetto a un dispositivo soltanto orale, per evitare la misurazione di valori
falsamente inferiori dovuti alla perdita d’aria secondaria alla debolezza dei muscoli delle labbra. La
presenza di segni e sintomi di ipoventilazione notturna e una diminuzione della FVC a meno del 50%
dei valori attesi dovrebbero far prendere in considerazione l’utilizzo di metodiche di ventilazione non
invasiva come la BiPAP.

3.5. Fissazione scapolare chirurgica
Una recente revisione della letteratura scientifica ha concluso che la fissazione scapolare è efficace nel
miglioramento della funzionalità della spalla nella FSHD. La procedura chirurgica preferita è la
scapolodesi, ovvero la fissazione della scapola con delle viti, fili e placche con innesto osseo (artrodesi)
e dovrebbe essere eseguita da un chirurgo esperto. I pazienti candidati all’intervento dovrebbero
avere una forza residua ragionevole nell’arto superiore e dovrebbero considerare i potenziali benefici
e le possibili complicanze della procedura. La riduzione della FVC sembra essere minima e di
significato clinico incerto. Tra le potenziali complicanze chirurgiche e post chirurgiche si annovera la
rottura dei fili, con conseguente perdita del guadagno funzionale e, raramente, le lesioni del plesso
brachiale. Il guadagno potenziale per quanto riguarda il range di movimento dovuto alla procedura
chirurgica può essere testato al letto del paziente attraverso la fissazione scapolare manuale. Nella
FSHD, adeguate indicazioni alla procedura non sono state ancora determinate prospettivamente.

3.6 Disfunzione cardiaca
Nella FSHD il coinvolgimento cardiaco si manifesta nel 5% dei pazienti, generalmente con la comparsa
di aritmie cardiache atriali, poche delle quali richiedono trattamento. Il riscontro più frequente all’ECG
è un incremento della frequenza del blocco di branca destro, generalmente di scarsa rilevanza clinica.
Non ci sono dati sufficienti a giustificare uno screening ECG di routine per tutti i pazienti con FSHD. La
presenza di disfunzioni cardiache clinicamente significative dovrebbe portare a considerare altre
diagnosi.

3.7 Gravidanza ed FSHD
Generalmente i risultati delle gravidanze nell’FSHD sono buoni, anche se due casistiche pubblicate
hanno riportato risultati contrastanti circa l’aumentata incidenza di parti chirurgici e nascite
pretermine. Alcune delle differenze potrebbero essere dovute alle differenze nella prassi ostetrica dei
paesi in cui sono stati condotti gli studi. Ulteriori studi prospettici sono necessari per colmare questa
discrepanza. In aggiunta, il 25% circa delle donne affette da FSHD riferiscono un peggioramento
soggettivo e persistente delle funzioni motorie correlato alla gravidanza, come osservato anche in altri
disordini neuromuscolari. Sulla base delle informazioni disponibili, si raccomanda che le donne affette
da FSHD vengano seguite da ostetrici esperti e che il parto avvenga in un centro che possa fornire
un’assistenza perinatale globale. In aggiunta, si consiglia alle donne con funzionalità polmonare ridotta
di monitorare frequentemente la proprio FVC durante la gravidanza.

3.8 Perdita dell’udito
Nella FSHD, una riduzione subclinica dell’udito si verifica ne 75% circa dei pazienti, ma la frequenza
non è differente da quella della popolazione di controllo. I pazienti con FSHD ad esordio infantile sono
invece a rischio di avere una perdita dell’udito più grave che, se non individuata, può portare a un
ritardo nello sviluppo del linguaggio ed alla falsa percezione che il bambino soffra di ritardo mentale.
Di conseguenza, la funzione uditiva dovrebbe essere testata di routine negli infanti e nei bambini con
FSHD in età prescolare. I bambini più grandi, se l’udito è testato routinariamente a scuola e se
mostrano un normale sviluppo del linguaggio, non richiedono un audiogramma. Gli adulti con FSHD
non necessitano di un audiogramma, a meno che non siano sintomatici.

3.9 Patologia vascolare retinica
La vasculopatia retinica è relativamente frequente nell’FSHD, ma porta raramente ad una retinopatia
essudativa sintomatica (sindrome di Coats), che può causare un’ importante riduzione della vista.
Tuttora, la retinopatia è agevolmente trattabile con laserterapia dei vasi retinici patologicamente
dilatati. Si raccomanda pertanto che tutti i pazienti con FSHD vengano indirizzati ad un oculista per
eseguire una oftalmoscopia indiretta. Qualora nei pazienti adulti non venga rilevata alcuna patologia
vascolare significativa, non sarà necessario un ulteriore follow up a meno che il paziente non sviluppi
sintomi visivi. Nei casi ad esordio precoce, tra i quali la sindrome di Coats è più comune, si raccomanda
un follow-up annuale con oftalmoscopia indiretta finchè il bambino non venga considerato abbastanza
maturo da poter riferire sintomi visivi.

4. Premesse per l’esecuzione di un trial clinico
I recenti sviluppi nella nostra comprensione della fisiopatologia della FSHD potrebbero tradursi
presto nell’identificazione di obiettivi terapeutici razionali. Sono necessarie due componenti per
condurre in maniera efficiente i trials clinici sulla FSHD. Due delle componenti critiche per l’esecuzione
di trials clinici sono delle misure di outcome validate e l’accesso ai pazienti.

4.1 Misure di outcome
Nei trials sulle distrofie muscolari, le tradizionali misure di outcome consistono primariamente nella
misurazione diretta della forza muscolare manualmente o tramite metodi quantitativi di misurazione e
test funzionali temporizzati. Esistono diverse scale di valutazione della gravità di malattia basate su
abilità funzionali con una fondata affidabilità; tuttavia, la loro sensibilità e la loro precisa rilevanza nei
pazienti con FSHD non è stata ancora dimostrata. Idealmente, le misure di outcome basate su quello
che i pazienti percepiscono dovrebbero tener presente le problematiche specifiche ed i sintomi tipici
della FSHD, escludendo problemi che non sono rilevanti per questa malattia. C’è, pertanto, la necessità
di sviluppare e validare delle misure di outcome clinicamente significative per la FSHD che siano o
gestite dai clinici o basate su ciò che i pazienti riferiscono.
Una comune misura del cambiamento della funzione muscolare nelle miopatie è stata la misurazione
della massa muscolare. Questo è stato fatto attraverso l’utilizzo della dual Energy X-ray
absorptiometry (DEXA) e della MRI, entrambe già utilizzate come misure di outcome in trials clinici
sulla FSHD. Sebbene sia la DEXA che la MRI siano due strumenti affidabili, resta dubbio se il
cambiamento della massa muscolare possa essere considerato un buon indicatore del cambiamento
della patologia sottostante. Le tecniche di imaging come la MRI possono anche essere utilizzate per
osservare i cambiamenti di segnale del muscolo scheletrico, così come la spettroscopia MR permette di
osservare i cambiamenti di funzione. Un’altra tecnica di imaging emergente per lo studio dei muscoli è
l’ecografia.

4.2 Registri
Nell’ultima decade, la difficoltà nel reclutamento dei pazienti è stata il maggior ostacolo alla
conduzione di trials clinici di successo. Pertanto, registri di pazienti che facilitino l’accesso ai pazienti
interessati alla partecipazione ai trial clinici, rappresentano un’ importante premessa per l’esecuzione
di trial clinici. Il registro nazionale per pazienti affetti da distrofia miotonica ed FSHD negli Stati Uniti
rappresenta un buon esempio di questi registri. In aggiunta, esiste un registro nazionale italiano
(www.fshd.it) così come altri registri informali più piccoli esistono o sono in fase di sviluppo in altri
paesi. FSHD Europa (http://www.fshd-europe.org) sta pianificando la creazione di un registro
europeo.

4.3 Progetti futuri
I partecipanti alla riunione hanno individuato una serie di problematiche che richiedono ulteriori studi
e sono stati creati dei gruppi di lavoro per dedicarsi a delle problematiche selezionate. I principali
problemi che i gruppi di lavoro affronteranno comprendono: accessibilità al test genetico e sviluppo
dei migliori parametri pratici per armonizzare i test genetici nei diversi laboratori dignostici; una
maggiore attenzione alle problematiche del dolore, della gravidanza, del parto e degli interventi
ortopedici nella FSHD.
Dal punto di vista della adeguata preparazione per i trials clinici, sono stati formati gruppi di lavoro
per dedicarsi allo sviluppo di registri e di misure cliniche di outcome nella FSHD. I partecipanti alla
riunione si sono trovati d’accordo per riunirsi nuovamente tra circa 1 anno per riesaminare i principali
problemi.


[SM=g27985]
fenice
00domenica 6 febbraio 2011 12:26
Ricerca sulle cellule staminali: nuovo studio sui mesangioblasti pubblicato sulla rivista Cell Transplantation

Proseguono gli studi sulle cellule staminali nella FSHD condotti presso il Dipartimento di Neuroscienze dell'Università Cattolica-Policlinico Gemelli di Roma dalla Dott.ssa Roberta Morosetti dal Dr. Massimiliano Mirabella, in collaborazione con il gruppo del Prof. Enzo Ricci.

In assenza di terapie disponibili per correggere il difetto genetico, la ricerca apre la strada a nuove possibilità terapeutiche della FSHD. Per oltre un decennio la possibilità di una terapia delle Distrofie Muscolari attraverso strategie basate sull’utilizzo di cellule staminali si è focalizzata sull’uso dei mioblasti, cellule derivate dalle cosiddette “cellule satelliti”, che sono deputate alla riparazione del danno muscolare e che sono facilmente ottenibili attraverso una biopsia muscolare ed espandibili in vitro. Purtroppo tale approccio si è rivelato non praticabile a scopo terapeutico in quanto i mioblasti non sono in grado di raggiungere il tessuto muscolare attraverso il sistema vascolare e, se iniettati nel muscolo, rimangono localizzati nella sede di iniezione e presentano una efficienza riparativa praticamente nulla. Del tutto recentemente, grazie ai risultati degli studi condotti dal Prof. Giulio Cossu, il problema del “delivery” di cellule staminali nel muscolo è stato risolto brillantemente in modelli animali di Distrofia Muscolare con l’utilizzo di cellule capaci di ripopolare il muscolo se iniettate per via intra-arteriosa: i mesoangioblasti, cellule multipotenti progenitrici di diversi tessuti di origine mesodermica, che rappresentano pertanto una nuova classe di cellule staminali potenzialmente utili nella terapia di malattie muscolari primitive. Lo stesso Prof. Cossu sta conducendo il primo studio applicativo sull’uomo, che prevede l’utilizzo di mesoangioblasti in bambini affetti da Distrofia Muscolare di Duchenne. Partendo dall’idea che nella Distrofia Facio-Scapolo-Omerale, in cui coesistono muscoli affetti accanto a muscoli apparentemente risparmiati dalla malattia, mesoangioblasti somministrati per via intra-arteriosa potrebbero integrarsi con le fibre muscolari dell’ospite ricevente e partecipare ai meccanismi di riparazione e rigenerazione nei muscoli bersaglio, il gruppo di ricerca dell’Università Cattolica guidato dalla Dott.ssa Morosetti e dal Dr. Mirabella, in collaborazione con il gruppo del Prof. Ricci, ha sviluppato una metodica che consente di isolare i mesoangioblasti da tessuto muscolare bioptico umano ed ha evidenziato in uno studio pubblicato sulla rivista Stem Cell nel Dicembre 2007 che nella FSHD i mesoangioblasti derivati da muscoli affetti possono essere espansi in vitro (fino a 25-30 passaggi) ma non differenziano in muscolo scheletrico, mentre quelli derivati da muscoli apparentemente non affetti sono in grado di differenziare formando muscolo scheletrico. In un nuovo studio, pubblicato il 22 dicembre 2010 sulla rivista Cell Transplantation, lo stesso gruppo di Ricercatori ha confermato ora questi dati in vitro, ovvero nelle cellule in coltura, ma ha anche studiato la capacità dei mesoangioblasti di fondersi e differenziarsi in muscolo scheletrico in vivo, ovvero dopo iniezione nel muscolo di topo. Lo scopo dello studio era di verificare se i mesoangioblasti sviluppatisi da muscoli con diverso grado di coinvolgimento di pazienti affetti da FSHD riproducessero in vivo la stessa capacità differenziativa mostrata in vitro, studiando la loro abilità nel formare nuove fibre muscolari durante il processo di rigenerazione di muscoli danneggiati sperimentalmente. Lo studio ha evidenziato come i mesoangioblasti ottenuti da muscoli apparentemente normali erano in grado di fondersi e partecipare efficacemente alla rigenerazione muscolare, mentre i mesoangioblasti ottenuti da muscoli compromessi rimanevano per lo più localizzati nell’interstizio muscolare senza contribuire alla formazione di nuove fibre muscolari. Questi dati confermano il difetto di differenziazione dei mesoangioblasti ottenuti da muscoli affetti di pazienti FDHD osservato in vitro, e dimostrano che la capacità di formare miotubi completamente differenziati in vitro predice il loro comportamento in vivo. Il difetto di differenziazione mostrato dai mesoangioblasti FSHD sembra inoltre essere una proprietà intrinseca di queste cellule e indipendente dall’ambiente locale, poiché i mesoangioblasti FSHD si comportano sempre nello stesso modo (sia in vivo che in vitro) in relazione al grado di compromissione del muscolo di origine. La ragione del risparmio selettivo di alcuni muscoli nella FSHD a fronte della stessa anomalia genetica rimane sconosciuta, ma queste osservazioni rinforzano l’ipotesi di poter sfruttare i muscoli relativamente risparmiati dal processo patologico come fonte di cellule staminali muscolari che potrebbero essere utilizzare in protocolli di terapia cellulare nei pazienti affetti da FSHD. Poiché i mesoangioblasti offrono il grande vantaggio di poter essere immessi per via sistemica (attraverso il sangue circolante), questi dati aprono la strada a nuovi futuri studi che utilizzino le cellule ottenute da muscoli non affetti di pazienti FSHD per un trattamento selettivo volto a fermare la degenerazione muscolare dei distretti maggiormente colpiti per potenziare la loro capacità rigenerativa. Nel complesso, i dati finora ottenuti incoraggiano un cauto ottimismo nell’ipotizzare una possibile applicazione terapeutica di tali cellule nella FSHD. E’ infatti possibile ipotizzare che mesoangioblasti isolati da muscoli sani potrebbero rappresentare una risorsa preziosa per dei trapianti autologhi (ovvero in cui il donatore è lo stesso individuo che riceve il trapianto), e pertanto senza necessità di terapia immunosoppressiva, allo scopo di migliorare il processo di rigenerazione del tessuto muscolare e di conseguenza la massa e la forza dei muscoli deficitari.

Morosetti R, Gidaro T, Broccolini A, Gliubizzi C, Sancricca C, Tonali PA, Ricci E, Mirabella M. Mesoangioblasts from Facioscapulohumeral Muscular Dystrophy display in vivo a variable myogenic ability predictable by their in vitro behavior. Cell Transplant. 2010 Dec 22. [Epub ahead of print]




fenice
00giovedì 10 febbraio 2011 19:02
A volte il DNA morto si rianima e combina guaiAlcuni genetisti hanno scoperto un gene "zombie" che potrebbe essere la causa di una grave forma di distrofiaIl gene si trova in un'area del DNA che si pensava non contenesse informazioni importanti20 agosto 2010 | Scienza Come gli zombie nei film dell’orrore, alcuni geni “morti” presenti nel nostro DNA sono in grado di tornare in vita e di causare alcune gravi malattie. Questo fenomeno è stato osservato per la prima volta da un gruppo di ricercatori guidato dai genetisti della Università di Leiden (Paesi Bassi), che hanno da poco pubblicato la loro scoperta sulla rivista scientifica Science. I risultati del lavoro di ricerca potrebbero ora accelerare gli studi per trovare nuove terapie contro una forma di distrofia muscolare.
Il DNA è formato da una lunga catena di informazioni, un vero e proprio codice contenente tutti i dettagli per costruire il nostro organismo. Non tutte le istruzioni presenti nel DNA sono però utili: nel corso del tempo e della nostra evoluzione diverse porzioni del codice sono diventate inutili o ripetitive. Queste aree, che apparentemente non hanno più una funzione, fanno parte del cosiddetto “DNA spazzatura”, una sorta di enorme soffitta nella quale sono raccolti geni morti, sostanzialmente fossilizzati. Fino a ora si pensava che queste informazioni non influissero su come siamo fatti, ma i risultati della ricerca da poco pubblicata ridimensionano questa teoria.
Il gene che è in grado di rianimarsi innesca la distrofia facio-scapolo-omerale (FSHD), una malattia che colpisce inizialmente i muscoli del viso, delle spalle e degli arti superiori, rendendo sempre più difficili alcuni banali movimenti delle braccia o le contrazioni dei muscoli necessarie per fare un sorriso. Questa patologia si manifesta in genere entro i 20 anni, è la terza malattia genetica più comune della muscolatura scheletrica e colpisce in tutto il mondo una persona su ventimila.
Fino a ora i genetisti pensavano che la malattia si trasmettesse di generazione in generazione con un meccanismo relativamente semplice, che però faticavano a identificare. La FSHD è una patologia genetica dominante, spiegano sul New York Times, dunque se uno dei due genitori ha la mutazione del gene che causa la malattia, i figli hanno il 50% delle possibilità di ereditarlo. E chi eredita il gene è certo di ammalarsi, solitamente entro la fine del periodo dello sviluppo.
Nel 1992, i ricercatori della Università di Leiden identificarono il difetto genetico alla base della malattia. All’epoca, gli scienziati scoprirono che nelle persone sane ci sono almeno undici copie di una sequenza nel DNA chiamata D4Z4 in prossimità dell’area terminale (telomero) del cromosoma 4, mentre in chi si ammala di FSHD il numero di copie è di molto inferiore.
I cromosomi sono i corpuscoli che nei nuclei delle cellule custodiscono il codice genetico, e i telomeri sono le loro terminazioni contenenti sequenze ripetute di DNA non codificante (spazzatura) per evitare che durante la duplicazione dei cromosomi le informazioni genetiche rilevanti vengano perse per strada. Quando i cromosomi vengono replicati (succede durante la duplicazione cellulare), alcune porzioni di DNA ai loro estremi vengono per forza perdute. I telomeri consentono di perdere dati “inutili”, preservando le altre informazioni rilevanti contenute in ogni cromosoma.
Per anni, i ricercatori della Leiden e di altre università hanno cercato di capire come il numero ridotto di D4Z4 potesse portare alla distrofia muscolare. La raccolta di campioni di tessuto muscolare da centinaia di pazienti volontari e numerosi studi di laboratorio hanno infine portato a una prima importante risposta. I ricercatori hanno scoperto che la sequenza D4Z4, quella che si ripete poche volte nel cromosoma 4 di chi è affetto da FSHD, contiene una copia del gene DUX4. Si pensava che questo gene non avesse alcuna funzione e fosse sostanzialmente “inattivo”, ma gli ultimi studi hanno invece dimostrato che quando le ripetizioni di D4Z4 sono poche, il gene diventa accessibile per la trascrizione nel DNA e dunque si attiva, diventa una specie di zombie, innescando così i meccanismi che portano alla malattia.
Ora i ricercatori potranno approfondire le loro ricerche sul gene DUX4 e sulle informazioni che porta con sé e che, apparentemente, sono legate allo sviluppo della distrofia facio-scapolo-omerale. Al momento per la malattia non c’è cura e non esistono farmaci per rallentare la sua progressiva avanzata, che comporta scarsa mobilità anche agli arti inferiori. Le terapie utilizzate mirano ad alleviare il dolore e a mantenere il tono muscolare. I ricercatori mirano a un nuovo composto chimico in grado di inibire DUX4 così da bloccare i suoi effetti dannosi sulla muscolatura. Più in generale, la scoperta dimostra quanto le patologie genetiche si attivino seguendo meccanismi molto complessi e meno banali di quanto ipotizzato fino a ora. Lo studio del DNA spazzatura, fino a ora tenuto poco in considerazione dai genetisti, potrebbe portare a nuovi importanti risultati per la cura delle malattie ereditarie.
TAG: distrofia facio-scapolo-omerale, dna, dna spazzatura, fshd, genetica, geni zombie
0lupetto0
00lunedì 14 febbraio 2011 13:08
Grazie Biagio

Continua a riportare le novità mi raccomando!!


[SM=g27985]
0lupetto0
00martedì 5 aprile 2011 14:59
fenice
00giovedì 14 aprile 2011 20:29
ho riportato una notizia letta a questo indiri
trattamentocellulestaminali.it/index.php/esperienze-dei-pazienti--news-/mielopatia-degenerativa/141-russkleve-distrofia-muscolare%20facio-scapolo-omerale-f...

Esperienze dei Pazienti / News
Beike - Russ Kleve
NOME: Russ Kleve
ETA': 48
PAESE: USA
DIAGNOSI: Distrofia Musoclare Facio-scapolo-omerale (Patologia Primaria)
Diabete di tipo II (Patologia Secondaria)

Guarda qui il video di Russ oppure clicca sulla foto.


Russ ci ha gentilmente fornito il seguente racconto della propria esperienza e noi lo abbiamo pubblicato qui.
Perchè è venuto in Cina a sottoporsi al trattamento
Muscoli sempre più debolia causa della distrofia. Camminare e stare in piedi era diventato sempre più difficile e avevo bisogno di un bastone; riuscivo a camminare, ma solo per 3-4 isolati. Nessun tipo di trattamento con cellule staminali è disponibile negli Stati Uniti e il programma offerto da Beike, dopo tre mesi di ricerca, è stato il miglior programma che ho trovato dal punto di vista della sicurezza, della durata e del tipo di programma, del numero di cellule staminali utilizzate, delle risposte positive da parte dei pazienti e dei costi. Il Trattamento ha avuto inizio il 15 Marzo 2009 ed e‘ terminato il 21 Aprile 2009.
Il Trattamento
4 pacchetti dicellule staminali da cordone ombelicale somministrati con iniezioni endovenose (EV) + 4 pacchetti di cellule staminalisomministrati tramite iniezioni intramuscolari locali (Ciclo I: 60 iniezioni nel bicipite, nelle cosce e nella scapola/schiena; Ciclo II: 24 iniezioni nella parte anteriore delle cosce e nei polpacci, 16 nella parte posteriore delle gambe) + 1 trattamento con cellule staminali da midollo osseo.

Dopo il Trattamento
Stare in piedi è ancora difficile, ma almeno non cado più quando cammino, a meno che non inciampi in un ostacolo, cosa comunque piuttosto rara. Ho più energia e ora mi è possibile fare esercizio tutti i giorni per 1-2 ore senza affaticarmi. Nel complesso, sono un po' più forte. Altri hanno notato che cammino più velocemente e ho un'andatura più sciolta.

Commenti finali
La mia esperienza è stata eccellente. I medici e il personale di Beike sono stati calorosi e cordiali e mi hanno trattato molto bene. Hanno avuto tutti una particolare premura per il mio soggiorno qui e il raggiungimento dei risultati: sono stati anchemolto chiari con me circa la necessità dellafisioterapia e dell’esercizio di cui avrei avuto bisogno quando sarei tornato a casa per far sì che il mio trattamento potesse avere una miglior efficacia.
Capisco che, data la necessità di ricostruire la mia muscolatura indebolita dalla distrofia, vedrò dei risultati davvero consistenti solo dopo diversi mesi di terapia e di esercizio fisicoe soprattutto lasciando passare il tempo necessario per permettere alle mie cellule staminali di completare il loro processo di rigenerazione e sviluppo. Tuttavia, per la prima volta,sento di avere una speranza, e solo questo ha cambiato la mia vita.

Clicca qui per visitare il blog di Russ.

0lupetto0
00lunedì 18 aprile 2011 17:51
Caspita che dire, sarebbe una speranza per tutti. Ma quanto costerebbe? e soprattutto è possibilefarlo a qualsiasi stadio della malattia? sarebbe interessante approfondire. fenice se riesci a tener sott'occhio questa notizia.

Speriamo ragazzi che sia la volta buona!!!!


[SM=g27985]


fenice
00mercoledì 20 aprile 2011 17:18
Ciao lupetto, non so il costo, ho fatto delle ricerche ma non ho scoperto niente. Nell’indirizzo che ho indicato c’è la possibilità di contattare degli specialisti. Ho provato a scrivere alla Redazione DM E-mail: redazionedm@eosservice.com appena mi rispondono, se mi rispondo, pubblico la notizia.
Ciao
0lupetto0
00giovedì 21 aprile 2011 20:07
Grande Phoenix miticoooooooooo!!!

[SM=g27985]


fenice
00mercoledì 27 aprile 2011 17:36
Ciao, ho avuto la risposta dalla UILDM, la riporto
Gentile ……….
mi è stata girata la sua gentile richiesta.
Come il dr ….. Le ha già spiegato, la Commissione Medico-Scientifica della UILDM ha più volte reiterato che le pratiche proposte dalla Beike sono tuttora prive della necessaria logica di verificabilità scientifica, efficacy (“efficacia”) e safety (“sicurezza”), come si converrebbe seguendo le linee guida di una good clinical research, quotidianamente adottate dagli esperti in malattie neuromuscolari.
La Commissione ha inoltre già manifestato in più occasioni (anche pubblicamente all'Assemblea Nazionale dei Soci UILDM) che non può raccomandare tali procedure, ma nemmeno "bloccare" le iniziative personali dei pazienti.
In questo caso, però, la Commissione ha espresso la sua disponibilità a verificare lo stato clinico precedente (ante) e seguente (post-hoc) agli interventi della Beike, offrendo quella obiettività clinica e trasparenza di ricerca che le è sempre stata riconosciuta.
Un cordiale saluto,
Restando sempre a disposizione, rinnovo i miei migliori saluti.
0lupetto0
00giovedì 28 aprile 2011 21:09
Praticamente loro dicono non possiamo dire che funziona ma possiamo tenerti sotto controllo prima e dopo la cura per vedere se funziona. Mah se non si fidano come mai voglion cmq verificarne l'efficacia??

Che dite?

[SM=g27993]
fenice
00venerdì 27 maggio 2011 12:17
Ciao, scusate ma devo comunicarvi che la seguente associazione, da dove traggo le notizie scientifiche, rischia di chiudere per mancanza di fondi se qualcuno di voi vuole contribuire con il suo tesseramento o facendo una libera donazione sarebbe utilissima. Potete anche scrivere personalmente ho indicato l’email. grazie
Associazione FSHD Distrofia Facio-Scapolo-Omerale Ricerca e Sostegno Italia O.N.L.U.S.
Viale del Vignola 23 - 00196 Roma Codice Fiscale 97514310586 - Email info@fshditalia.org

fenice
00venerdì 27 maggio 2011 18:52
Su questo sito ci sono le novità scientifiche, compreso quello sui mesangioblasti, se raccogliamo più soldi possiamo finanziare la ricerca sui mesangioblasti, ora ferma. Ma come possiamo fare! chi ha la possibilità di donare.......
www.fshditalia.org

ciao
0lupetto0
00lunedì 30 maggio 2011 19:43
Grazie mitico !!!!1

Dobbiamo pensarci!!!

buttate idee

[SM=g27985]
-Pavel-
00lunedì 12 settembre 2011 15:54
Notizia importantissima
Oggi ho trovato questo articolo.
Cosa ne pensate??
Un saluto a Tutti
Paolo


..(ASCA) - Roma, 12 set - I ricercatori dell'Istituto Telethon

Dulbecco hanno dimostrato per la prima volta al mondo

l'efficacia di una terapia molecolare per la distrofia

facio-scapolo-omerale. A spiegarlo sulla rivista scientifica

Molecular Therapy* e' Davide Gabellini, ricercatore che

lavora all'Istituto San Raffaele di Milano.

Questa patologia colpisce i muscoli di faccia, spalle e

braccia, in qualche caso anche quelli delle gambe. I primi

sintomi sono in genere difficolta' a compiere semplici

movimenti del volto come sorridere, fischiare o chiudere gli

occhi, ma spesso e' la debolezza dei muscoli della scapola a

suonare come un campanello di allarme.

''Per quanto sia tra le principali forme di distrofia

muscolare, questa malattia rimane per certi versi ancora un

mistero'', spiega Gabellini.

''Il difetto genetico responsabile - prosegue il

ricercatore - e' stato localizzato all'estremita' del

cromosoma 4, in una regione che non contiene geni ma una

serie di sequenze ripetute. A provocare la malattia e' una

riduzione di queste 'ripetizioni', che porta a un aumento

dell'attivita' di alcuni geni. A questo proposito non c'e'

ancora accordo completo tra gli scienziati: al momento i

candidati principali si chiamano Frg1 e Dux4. Con meccanismi

ancora non del tutto chiariti, un aumento della produzione

delle proteine codificate da questi geni sembra tradursi nei

sintomi muscolari tipici di questa distrofia''.

Il problema della malattia risiede nella sovrapproduzione

delle proteine e per questo Gabellini e il suo team hanno

provato a vedere se riducendo l'attivita' di questi geni si

poteva ottenere un miglioramento dei sintomi. I ricercatori

Telethon hanno sfruttato l'interferenza a Rna, una tecnica

che consiste nello ''spegnimento'' specifico dell'attivita'

di alcuni geni grazie a piccole molecole di Rna a doppio

filamento che, una volta riconosciuto il loro bersaglio, ne

bloccano l'espressione.

''Abbiamo somministrato questi Rna silenziatori - spiega

Gabellini - tramite dei virus gia' usati in terapia genica,

chiamati adeno-associati (Aav), che ci sono stati forniti

dalla nostra collaboratrice Joel Chamberlain della

Universita' di Washington, a Seattle''.

''Una volta raggiunte le fibre muscolari, queste molecole

hanno dimostrato di ridurre significativamente l'attivita'

del gene FRG1. Questo si e' tradotto in un netto

miglioramento dei sintomi stabile nel tempo, senza alcun

effetto tossico: e' la prima volta - rileva Gabellini - che

si ottiene un risultato del genere per la

distrofia-facio-scapolo-omerale''.

...
0lupetto0
00martedì 13 settembre 2011 20:09
Grazie Pavel!!
Bene se trovi altre notizie a riguardo pubblicale sarebbe interessante saperne di più!!!!



[SM=g27985]


0lupetto0
00sabato 3 dicembre 2011 20:29
Ecco un'importante notizia!!!!!!!!!

Celine Vanderplanck e i suoi collaboratori del Laboratorio di Biologia Molecolare all’Università di Mons in Belgio, sono riusciti ad ottenere cellule muscolari normali da pazienti con “cellule satelliti infette”, bloccando l’espressione genica di DUX4.
In sostanza i ricercatori hanno provato in una prima fase a inibire tale gene nella coltura di cellule muscolari FSHD, utilizzando oligonucleotidi antisenso che prevengono la maturazione del messaggero RNA-DUX4, necessario nella produzione della sua proteina.
Questa fase è stata vincente: i miotubi ottenuti, infatti, erano normali, invece di essere atrofizzati come di consueto. Per di più erano scomparsi due marker dei patogeni della malattia (il marker è una molecola che identifica la presenza di un determinato tessuto).
Inoltre, gli oligonucleotidi “anti-DUX4” utilizzati erano stati prodotti da Steve D. Wilton, ricercatore australiano di fama internazionale che ha sviluppato con successo strumenti simili nella sperimentazione di laboratorio su bambini con distrofia di Duchenne.
L’associazione europea AMIS FSH – che ha strettamente collaborato con i ricercatori per il “reclutamento” di pazienti volontari – ritiene che tale risultato possa aprire la strada a un promettente trattamento terapeutico.
Da ricordare, infine, che la ricerca è stata condotta in collaborazione con la squadra di Dalila Laoudj-Chenivesse, del Laboratorio di Fisiologia e Medicina Sperimentale di Montpellier in Francia.


[SM=g27985] forza crediamoci!!!!

[SM=g27985] [SM=g27985]

fenice
00mercoledì 7 dicembre 2011 18:55
Grazie amico mio per la bella notizia, un abbraccio pieno di speranza
0lupetto0
00lunedì 12 dicembre 2011 10:11
Dai ragazzi dai dai!!!!!!!

Coraggio forza ed entusiasmo!!!!

[SM=g28000] [SM=g28000] [SM=g28002] [SM=g28002]

-Pavel-
00martedì 20 dicembre 2011 14:30
Risultato di due anni di ricerca.

GUP08004
CRITERI CLINICI E DI LABORATORIO PER LA DIAGNOSI DELLA FSHD (DISTROFIA FACIO-SCAPOLO-OMERALE) E LA COSTITUZIONE DI UN REGISTRO NAZIONALE PER LA MALATTIA
Anni di finanziamento: 2 (anno d’inizio 2009)
Budget totale: € 454.000
Coordinatore: Tupler Rossella Ginevra(1)
Partner: Palmucci Laura (2), Galluzzi Giuliana (3), Angelini Corrado (4), Moggio Maurizio (5), Morandi Lucia (6), Di Muzio Antonio (7), Rodolico Carmelo (8), Siciliano Gabriele (9), Santoro Lucio (10), Tomelleri Giuliano (11), Trevisan Carlo Pietro (12), Ricci Enzo (13)
(1) Università di Modena e Reggio Emilia, Dipartimento Scienze Biomediche, Modena
(2) Università di Torino, Dipartimento di Neuroscienze, Torino
(3) IRCCS Fondazione Santa Lucia, Roma
(4) Università di Padova, Dipartimento di Neuroscienze, Padova
(5) IRCCS Fondazione Ospedale Maggiore Policlinico Mangiagalli Regina Elena, Centro Dino Ferrari, Università di Milano, Dipartimento di Neurologia, Milano
(6) Istituto Neurologico C. Besta, Milano
(7) Unità per le Malattie Neuromuscolari, Università G. D’Annunzio, Clinica Neurologica, Chieti
(8) Università di Messina, Dipartimento di Neuroscienze, Messina
(9) Università di Pisa, Dipartimento di Neuroscienze, Pisa
(10) Università di Napoli Federico II, Dipartimento di Scienze Neurologiche, Napoli
(11) Università di Verona, Dipartimento di Scienze Neurologiche e della Visione, Verona
(12) Università di Padova, Dipartimento di Scienze Neurologiche e Psichiatriche, Padova
(13) Università Cattolica, Dipartimento di Neuroscienze, Roma

La distrofia muscolare facio-scapolo-omerale (FSHD), la terza più comune miopatia ereditaria, è caratterizzata da un’elevata variabilità del quadro clinico e della progressione dei sintomi. Essa viene ereditata in maniera autosomica dominante (basta cioè ereditare una copia alterata del gene da uno dei genitori per manifestare la malattia), anche se sono frequenti i casi de novo.
La patogenesi della malattia non è stata ancora chiarita, ma essa è stata associata alla delezione (mancanza) di un elemento ripetitivo di DNA (D4Z4) nella regione 4q35.
Nei pazienti con FSHD si osserva generalmente un numero di ripetizioni D4Z4 inferiore a 11 (<35 Kb), mentre, nei soggetti sani, questo è compreso tra 11 e 150 (50-300 Kb). Il numero di ripetizioni è dunque considerato diagnostico per la malattia, ma diverse osservazioni sono emerse a complicare la valutazione dei pazienti e la definizione di una correlazione genotipo-fenotipo.
In sostanza sembra che la grande variabilità nell’insorgenza e nell’espressione della malattia sia maggiore del previsto e si osservano soggetti con delezione, ma assenza di sintomi, oltre a pazienti eterozigoti composti per la delezione FSHD e pazienti con alleli D4Z4 tra 38 e 45 Kb, considerati generalmente alleli borderline, presenti anche nella popolazione normodotata.
Recentemente è stata anche ipotizzata l’associazione della malattia con specifiche sequenze nella regione subtelomerica 4ter, suggerendo la presenza di elementi che potrebbero essere coinvolti nella manifestazione della FSHD.
È interessante dunque notare che, da quando l’analisi molecolare è diventata il principale strumento diagnostico per la FSHD, sono emerse numerose informazioni a complicare la valutazione dei pazienti FSHD. Infatti, la variabilità clinica della malattia appare molto maggiore dell’atteso, con la presenza di individui portatori del difetto genetico che non presentano segni della malattia stessa. Di conseguenza è difficile stabilire con precisione una correlazione tra il numero degli elementi ripetuti D4Z4 e la severità della malattia. Come risultato, al momento attuale non sono disponibili strumenti prognostici.

Per poter dunque generare informazioni utili alla prognosi, si è deciso di correlare il difetto molecolare rilevato nei soggetti analizzati con la valutazione clinica, in un’ampia coorte di soggetti, per ottenere dati che siano statisticamente significativi.
A tale scopo, è stato creato un questionario per analizzare in modo sistematico la storia clinica e ottenere la quantificazione funzionale della debolezza muscolare, ciò che consenta di assegnare un punteggio al livello di disabilità che può variare da 0 (soggetti senza segni di debolezza muscolare) a 15 (persone severamente colpite in tutti i distretti muscolari).
Dal 2008, il Registro Italiano dell’FSHD ha raccolto dati clinici e molecolari di 751 soggetti portatori del difetto molecolare associato all’FSHD. La severità del quadro clinico dell’FSHD è stata definita numericamente attraverso l’FSHD score, valore ottenuto mediante la valutazione funzionale di sei gruppi muscolari.
Per individuare fattori che possano spiegare l’ampia variabilità d’espressione clinica della malattia osservata, si è deciso di correlare l’FSHD score con il numero di unità ripetute D4Z4, l’età e il sesso nei 751 soggetti coinvolti nello studio.
L’analisi di tutti questi dati ha evidenziato che:

° Il 76% dei soggetti portatori da 1 a 3 unità ripetute D4Z4 ha ricevuto FSHD score=5 e solo in questo gruppo il difetto genetico ha penetranza completa.
° Il 30% dei pazienti, più giovani di 45 anni, ha un FSHD score =5 ; al contrario, il 57% dei pazienti di età superiore ai 45 anni hanno un FSHD score=5. Tale dato indica che l’età influisce in modo significativo sull’espressione clinica della malattia.
° Il 29% dei soggetti più giovani di 40 anni non mostra segni di debolezza muscolare. Questa alta percentuale di soggetti sani è mantenuta in tutte le classi di età (22% tra i 41 e 60 anni, 18% tra i 61 e 90 anni).

Inoltre, sono stati studiati i polimorfismi delle sequenze fiancheggianti gli elementi D4Z4 in 358 casi indice e questi studi dimostrano che tali sequenze non influenzano l’espressione della malattia.

Si ringrazia per le notizie fornite e per l’elaborazione del testo l’Ufficio Scientifico di Milano della Fondazione Telethon.

Testo redatto nel dicembre del 2011.


0lupetto0
00martedì 20 dicembre 2011 17:08
Grazie Pavel

[SM=g27985]


-Pavel-
00lunedì 16 aprile 2012 13:55
Pubblicato 11/04/2012
Uno studio finanziato da Telethon rimette in discussione le basi genetiche della distrofia facio-scapolo-omerale, malattia caratterizzata da debolezza muscolare progressiva che interessa in particolare i muscoli della faccia, delle spalle, delle braccia e, in alcuni casi, anche degli arti inferiori. Pubblicata sull’American Journal of Human Genetics*, la ricerca è stata coordinata da Rossella Tupler (nella foto) dell’Università di Modena e Reggio Emilia e ha visto la partecipazione di tredici centri clinici di riferimento** per questa patologia, ancora priva di una terapia specifica.

I meccanismi della malattia, che in genere comincia a manifestarsi tra i 20 e i 30 anni, sono del tutto peculiari. All’inizio degli anni Novanta è stato dimostrato come in buona parte dei pazienti mancasse una porzione del cromosoma 4 (4q35), che contiene una serie di ripetizioni di una precisa sequenza di Dna, ciascuna delle quali presenta una copia del gene DUX4. Negli anni successivi è stato messo a punto un test per “contare” il numero di queste ripetizioni e consentire così la diagnosi anche dal punto di vista genetico. Nel 2002 proprio Tupler collaboratori, grazie a un finanziamento Telethon, ha dimostrato che questa regione, ribattezzata D4Z4, regola altri geni, come una sorta di “interruttore”: gli scienziati hanno quindi ipotizzato che la sua parziale perdita portasse a una mancata regolazione dell’attività di geni importanti.

Nella scienza, però, non sempre tutto procede in modo lineare. Negli anni, analizzando il Dna dei pazienti, i ricercatori hanno riscontrato che non tutti gli individui che presentavano una perdita di D4Z4 manifestavano i sintomi della malattia. Hanno quindi ipotizzato che l’insorgenza dei sintomi dipendesse dalla compresenza di altre alterazioni, localizzate anche in altre zone del genoma: sono state così identificate una serie di varianti genetiche “corresponsabili”. Nel 2010 è stato pubblicato uno studio che mostrava come particolari varianti genetiche stimolassero l’espressione di DUX4, un gene normalmente “spento”. Sulla base di questi risultati si è ipotizzato che l’anomala attivazione di DUX4 risultasse tossica per il muscolo, portando così alla malattia. Tuttavia rimanevano troppe eccezioni per spiegare con un modello universale la manifestazione dei sintomi della distrofia facio-scapolo-omerale: esemplare in questo senso il caso di due gemelli omozigoti - descritto proprio da Tupler nel 1998 sul Journal of Medical Genetics - che pur condividendo l’intero patrimonio genetico erano l’uno in carrozzina e l’altro completamente privo di sintomi.

Così i ricercatori hanno voluto vederci chiaro.

«Abbiamo analizzato il Dna di 253 pazienti presenti nel Registro italiano per la distrofia facio-scapolo-omerale, realizzato proprio con il contributo di Telethon, e lo abbiamo messo a confronto con quello di oltre 800 individui sani di origine italiana e brasiliana» spiega Tupler. «Il risultato è stato sorprendente: in circa il 3% degli individui sani abbiamo trovato una delezione di D4Z4 e in un terzo di questi anche la compresenza di quelle varianti corresponsabili. Questo significa che quella che fino ad oggi abbiamo ritenuto essere la “firma genetica” della malattia non è sufficiente a identificarla». Basta pensare infatti che il 3% della popolazione normale significa, nel nostro Paese, quasi 2 milioni di persone: i malati censiti, però, sono soltanto tremila!

«Il nostro studio, frutto del lavoro di oltre tre anni, non vuole certo rinnegare quanto dimostrato finora, ma piuttosto porre l’attenzione sulla necessità di affinare la definizione delle basi genetiche di questa malattia, che evidentemente non sono ancora state chiarite del tutto. La diagnosi genetica ha infatti ripercussioni importanti sulla vita dei pazienti e sulle loro scelte future, così come sulla valutazione della prognosi da parte dei medici che li seguono: è quindi fondamentale che sia quanto più accurata e predittiva possibile. Non escludiamo, inoltre, che alla luce di questi risultati alcune diagnosi effettuate in passato vadano decisamente riviste». Questa la conclusione di Tupler che, con lo studio proposto contribuisce, grazie all’apporto di Telethon, a gettare nuova luce su una patologia, la distrofia facio-scapolo-omerale, che nonostante la rarità incide non poco sul benessere dei pazienti e delle loro famiglie.
0lupetto0
00sabato 21 aprile 2012 16:43
Opinione
Grazie Pavel del post sei sempre puntuale!!!.

Detto questo sarò forse rimproverato per ciò che sto per dire ma leggere quel post mi ha fatto innervosire parecchio!! Ribadisco che sono contento di NON essere andato quest'anno all'incontro annuale a Modena, dopo che l'anno precedente c'ero stato, perchè lo ritenevo inutile e quel che ho letto me l'ha confermato!! Le persone malate non hanno bisogno di sentirsi dire queste cose inutili per loro, lo ribadisco, perchè non serve a nessuno sapere che fino ad oggi è stato fatto un grosso lavoro che attualmente mi sento di dire non ha portato a nulla!! La risposta a quello che ho scritto sarebbe la seguente: NON E' VERO CHE NON SI E' FATTO NULLA ANZI TUTT'ALTRO. Ma io da esterno dico: BENE!! A me non interessa sapere che è stato fatto un registro nazionale di cui la mia ragazza neanche fa parte, che registro nazionale è se si lasciano fuori i pazienti che ne dovrebbero far parte? Ai malati serve una qualità di vita decente e l'assistenza quando e dove serve. Leggere che questi ricercatori sembrano quasi entusiasti nel dire che probabilmente ,parte, di quello che si era detto fino ad oggi verrà smentito mi fa solo male!! Quindi concludo dicendo che forse parte dei soldi dovrebbe essere spesa in maniera differente, forse come disse il dott.Villanova 2 anni fa sarebbe meglio spenderli per garantire ai malati una qualità di vita migliore.

Grazie e scusate ma questa è la mia opinione.


[SM=g27991]
fenice
00mercoledì 2 maggio 2012 19:20
il 9 giugno avrà luogo presso la Sala Convegni della Fondazione Santa Lucia in Via Ardeatina 354 di Roma la "PRIMA GIORNATA D'INCONTRO FSHD ITALIA", durante la quale verranno date notizie sugli sviluppi della ricerca e sui programmi futuri dell'Associazione.
speriamo ;-)
0lupetto0
00sabato 5 maggio 2012 18:27
Ottimo speriamo in buone notizie.

[SM=g27985]

fenice
00venerdì 11 maggio 2012 13:26
07.05.2012
Un nuovo difetto nella regolazione genica, mai visto prima in patologie umane, è la causa di una delle più comuni forme di distrofia muscolare, quella facio-scapolo omerale: a descriverlo sulla rivista Cell* è Davide Gabellini (nella foto il primo a destra), ricercatore dell’Istituto Telethon Dulbecco presso l’IRCCS San Raffaele di Milano, dove è responsabile dell’unità Espressione genica e distrofia muscolare. La scoperta dà speranza alle persone affette dalla patologia e potrebbe aiutare a comprendere altre malattie enigmatiche, tra cui alcune forme di diabete o di cancro
Per 4500 persone in Italia e almeno 500.000 in tutto il mondo, la distrofia muscolare facio-scapolo-omerale (FSHD) provoca la perdita progressiva dei muscoli del viso, delle spalle e parte superiore delle braccia, il che rende difficile camminare, sollevare le braccia o addirittura sorridere. Per anni, il meccanismo alla base della malattia ha eluso gli scienziati, ma questo studio getta una luce descrivendo un meccanismo complesso del tutto nuovo: la FSHD si verifica perché un Rna non codificante permette a geni vicini di diventare iperattivi.

Nel 1992, la causa della FSHD era stata rintracciata nella delezione in una regione del cromosoma 4 che è costituita da unità ripetute di Dna chiamate D4Z4. A quel tempo, molti scienziati avevano dato per scontato che la FSHD avrebbe seguito il meccanismo classico delle altre malattie genetiche: mutazione di un gene all'interno di D4Z4 con perdita della capacità di produrre una proteina. Le ricerche successive, condotte quando Davide Gabellini era negli Usa, hanno però trovato l’esatto contrario: la FSHD non è dovuta alla perdita di una proteina, ma ad un suo eccesso. Il passo successivo è stato comprendere come D4Z4 fosse in grado di regolare la produzione proteica da parte della regione FSHD. Con il nuovo studio, il gruppo diretto da Gabellini ha dimostrato che la perdita delle sequenze ripetute D4Z4 permette la produzione di un nuovo RNA non codificante, che i ricercatori hanno battezzato DBE-T. È DBE-T a essere direttamente responsabile dell’attivazione dell’espressione di geni della regione FSHD e quindi della aumentata produzione proteica
«Il meccanismo che abbiamo descritto è nuovo e rappresenta un modello interessante per affrontare altre patologie complesse in cui il classico approccio del gene candidato non ha avuto successo», afferma Davide Gabellini. Esaminando biopsie muscolari, Gabellini e i suoi colleghi Daphne Cabianca e Valentina Casà hanno scoperto che DBE-T è prodotto esclusivamente nei pazienti FSHD, ma non nei soggetti sani. Inoltre hanno dimostrato sperimentalmente che, bloccando la produzione di DBE-T, si ottiene una normalizzazione dell’espressione dei geni della regione FSHD: questo suggerisce che DBE-T potrebbe essere un valido target terapeutico per contrastare la malattia.

0lupetto0
00sabato 12 maggio 2012 08:52
Ho i brividi leggendo l'ultima frase e spero con tutto il cuore che sia la volta buona, forza forza forza!!! E grazie a questi ricercatori !!!!


[SM=g27985]
fenice
00domenica 25 novembre 2012 10:31
Dimostrata per la prima volta al mondo l’efficacia di una terapia molecolare per la distrofia facio-scapolo-omerale: a descriverla sulle pagine della rivista scientifica Molecular Therapy* è Davide Gabellini (nella foto il primo a destra con il suo team di lavoro), ricercatore dell’Istituto Telethon Dulbecco che lavora all’Istituto San Raffaele di Milano.

Come suggerisce il nome stesso, questa patologia colpisce i muscoli di faccia, spalle e braccia, in qualche caso anche quelli delle gambe. I primi sintomi sono in genere difficoltà a compiere semplici movimenti del volto come sorridere, fischiare o chiudere gli occhi, ma spesso è la debolezza dei muscoli della scapola a suonare come un campanello di allarme. Età di insorgenza e gravità della malattia possono variare notevolmente da un paziente all’altro: se alcuni sono praticamente asintomatici, altri non sono in grado di correre e salire le scale o, nei casi più gravi, addirittura di camminare.

«Per quanto sia tra le principali forme di distrofia muscolare, questa malattia rimane per certi versi ancora un mistero» spiega Gabellini. «Il difetto genetico responsabile è stato localizzato all’estremità del cromosoma 4, in una regione che non contiene geni ma una serie di sequenze ripetute. A provocare la malattia è una riduzione di queste “ripetizioni”, che porta a un aumento dell’attività di alcuni geni. A questo proposito non c’è ancora accordo completo tra gli scienziati: al momento i candidati principali si chiamano FRG1 e DUX4. Con meccanismi ancora non del tutto chiariti, un aumento della produzione delle proteine codificate da questi geni sembra tradursi nei sintomi muscolari tipici di questa distrofia».

A differenza di altre malattie genetiche il problema non sta dunque nell’assenza o nella presenza di una proteina alterata, ma semplicemente in una sovrapproduzione: Gabellini e il suo team hanno quindi provato a vedere se riducendo l’attività di questi geni si poteva ottenere un miglioramento dei sintomi. Proprio Gabellini era riuscito negli anni passati a ottenere un modello murino della malattia caratterizzato da un’eccessiva produzione della proteina FRG1: questi animali sviluppano una distrofia muscolare molto simile a quella umana. Per provare a trattarla i ricercatori Telethon hanno sfruttato l’interferenza a Rna, una tecnica di “silenziamento genetico” che mima un fenomeno molto conservato in natura e che nel 2006 ha fruttato il premio Nobel ai suoi scopritori, Andrew Fire e Craig Mello. Questo meccanismo, scoperto per la prima volta nelle piante, consiste nello “spegnimento” specifico dell’attività di alcuni geni grazie a piccole molecole di Rna a doppio filamento che, una volta riconosciuto il loro bersaglio, ne bloccano l’espressione.

«Abbiamo somministrato questi Rna silenziatori tramite dei virus già usati in terapia genica, chiamati adeno-associati (Aav), che ci sono stati forniti dalla nostra collaboratrice Joel Chamberlain della Università di Washington, a Seattle» spiega Gabellini «Una volta raggiunte le fibre muscolari, queste molecole hanno dimostrato di ridurre significativamente l’attività del gene FRG1. Questo si è tradotto in un netto miglioramento dei sintomi stabile nel tempo, senza alcun effetto tossico: è la prima volta che si ottiene un risultato del genere per la distrofia-facio-scapolo-omerale. Contiamo di ripetere l’esperimento “mettendo a tacere” anche l’altro gene, DUX4, e di affinare la tecnica per renderla quanto più possibile sicura, in vista di un trasferimento all’uomo. Non solo: questo approccio è potenzialmente applicabile ad una trentina di altre malattie genetiche dei muscoli, come per esempio la distrofia miotonica, dovute alla produzione di molecole RNA tossiche».

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